Figlio minore disabile, quali spazi di intervento per i genitori?

Parliamo di un caso concreto, come sempre. Questa volta di un minore disabile già affidato ai servizi sociali e della relazione con i genitori. La domanda è quali spazi di intervento, o di condivisione delle decisioni, possano conservare i suoi genitori.

L’affidamento al servizio sociale di un minore, nel caso che ci riguarda disabile, è una di protezione utilizzata qualora, per la tutela della prole, non sia possibile contare esclusivamente nelle capacità di gestione dei genitori.

Questi ultimi sono tenuti a collaborare con gli operatori del servizio pubblico, così come gli assistenti sociali hanno il compito di coadiuvare i genitori nella famiglia in crisi a mantenere con i figli un rapporto equilibrato, orientandone le scelte tenendo conto dell’interesse della prole, dei suoi desideri e delle sue aspirazioni.

Nel caso in cui in famiglia vi sia un minore disabile, il confronto e il dialogo con gli assistenti sociali dev’essere ancora più serrato, essendo i genitori fondamentali al fine di aiutare gli assistenti sociali nelle scelte più adeguate del minore fragile.

La disabilità, infatti, potrebbe essere tale da impedire al ragazzo o bambino di poter esprimere in modo chiaro le proprie necessità o i propri bisogni che dovranno essere considerati tenendo conto dell’opinione e del supporto dei genitori. Non è sempre semplice distinguere tra un contrasto fra genitori nascente da una diversa visione del problema e un disaccordo fondato sulla mera volontà di contraddire l’altro.

Quindi, in questo caso, il servizio sociale deve agire su un doppio binario: da un lato è chiamato a fornire un compito di supporto alla famiglia in crisi, sia dal punto di vista del dialogo fra genitori, sia quale cogestore delle scelte inerenti la prole. Dall’altro, però, il servizio sociale non può dimenticare il proprio compito istituzionale di autorità chiamata a decidere, per conto del giudice, in riferimento ai conflitti che esistono all’interno del nucleo familiare.

Un esempio importante che ci permette di comprendere quanto innanzi detto è il seguente: due genitori di un minore portatore della sindrome di Down decidono di separarsi. Gli avvocati della coppia hanno non poche difficoltà a gestire la situazione, tenuto conto che il marito è una persona poco istruita, tendente alla violenza domestica, sposatosi per volere della sua famiglia con una donna affetta da un lieve ritardo mentale.

Il figlio della coppia ha manifestato sin da piccolo una grande passione per i cavalli. Il padre, però, è ostile alla spesa necessaria per frequentare il maneggio, pur potendo permettersi la spesa. Durante il matrimonio, inoltre il figlio, ancora minorenne, ha sempre cavalcato aiutato nella spesa dai nonni materni e paterni, divertendosi molto e traendone beneficio per la sua salute.

In sede di separazione, grazie a un buon accordo fra gli avvocati, il minore viene affidato ai servizi sociali a causa di contrasto tra i genitori nelle scelte di far proseguire l’attività sportiva. Il diniego paterno trova, infatti, la sua giustificazione non tanto su problemi economici che gli impedirebbero di affrontare le spese per il maneggio, quanto sulla volontà di contrastare “per principio” la scelta materna.

I legali dopo l’audizione del padre, dopo aver assunto informazioni presso gli istruttori di equitazione presso la scuola, e ricevendo la disponibilità ancora una volta dei nonni a finanziare in parte la spesa, indicano al servizio sociale che è possibile consentire al minore di proseguire l’attività, facendo prevalere l’aspetto ludico rispetto a quello economico. E su questo, i due coniugi trovano l’accordo, nell’esclusivo interesse del figlio.

Ecco dimostrato che la figura dell’avvocato risulta indispensabile nel valutare le scelte più importanti per il minore, specie se disabile; in questo caso, infatti, vi è una doppia disabilità, quella dell’essere minorenne e di avere una situazione di difficoltà personale.

Quindi, compito di noi legali, facendo rete con gli assistenti sociali, è quello di vedere al di là delle liti interne alla famiglia e di saper capire come si possa concretizzare al meglio l’effettivo interesse del minore.

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