Amministrazione di sostegno: quando contrae matrimonio il beneficiario in coma

Come manifestare chiaramente una volontà se il protagonista è in coma? Nella fattispecie, parliamo di un caso di matrimonio per un beneficiario di amministrazione di sostegno nell’eventualità, purtroppo, che sia in coma. Un caso che rientra nella trattazione dei cosiddetti diritti personalissimi.

Nel caso di cui oggi ti voglio parlare, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno viveva da cinque anni con la sua compagna, con la quale era impegnato in una stabile relazione affettiva da oltre dieci anni. Nel corso del tempo ha più volte manifestato il desiderio di sposarla, senza però dar seguito a nessuna delle attività preliminari, come la richiesta di pubblicazioni matrimoniali o la scelta della data del ricevimento. Il beneficiario, purtroppo, a causa di una sopravvenuta emorragia celebrale è diventato totalmente incosciente e incapace di esprimere una genuina volontà, essendo ormai in coma.

Nell’atto introduttivo della nomina dell’amministratore di sostegno, si chiese al giudice di attribuire a quest’ultimo il potere di esprimere il consenso in luogo e per conto dell’interessato a contrarre matrimonio. Il giudice tutelare di La Spezia non accolse la domanda, perché, pur constatando che il divieto di contrarre matrimonio, previsto all’articolo 85 del codice civile per l’interdetto, non è direttamente applicabile anche nei confronti del beneficiario dell’amministrazione di sostegno ma deve appunto essere disposto dal giudice tutelare solo in circostanze di eccezionale gravità, è comunque da sottolineare che “l’eventuale divieto può essere disposto a fronte di una totale incapacità di intendere e di volere del soggetto oppure laddove egli non sia in grado di soppesare le conseguenze della scelta […]”: Il protagonista, come già detto, era già in coma. Inoltre, nonostante la legge 219/2017 autorizzi il compimento di determinati atti da parte dell’amministratore di sostegno in sostituzione del soggetto incapace, si tratta tuttavia del consenso a trattamenti sanitari che, secondo il giudice adito, presentano tratti necessariamente diversi dall’atto del matrimonio. Da considerare, inoltre, che il matrimonio della persona incapace è impugnabile ai sensi dell’articolo 120 del codice civile, sul solo presupposto dell’incapacità del nubendo (senza che sia necessario dimostrare il pregiudizio dell’atto o la mala fede dell’altro coniuge) da intendersi quale “condizione psico-patologica che toglie alla persona l’attitudine a intendere il reale significato dei propri atti […]”.

Infine, il caso in esame non integra le particolari fattispecie previste né all’articolo 111 del codice civile (Celebrazione per procura) dal momento che non si è in presenza di dipendenti delle forze armate che si trovano in tempo di guerra, né di situazioni in cui oltre ad un nubendo che risiede all’estero concorrono gravi motivi, e né all’articolo 101 del codice civile (Matrimonio in imminente pericolo di vita), dal momento che quest’ultima fattispecie richiede, pur omesse tutte le fasi preliminari della celebrazione, una manifestazione di volontà del nubendo. Queste osservazioni e la necessità di tutelare la particolare situazione di fragilità in cui si trova il soggetto, incapace di manifestare “un consenso libero, pieno, effettivo e consapevole”  ad un atto personalissimo, quale quello di contrarre matrimonio, hanno portato il Tribunale a concludere per il rigetto dell’istanza.

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